giovedì 19 dicembre 2013

PERCHE' IL "TUSCANIA" E' IL PRIMO REPARTO PARACADUTISTI


La storia di quello che è oggi 1° Reggimento Carabinieri Paracadutisti “Tuscania”  inizia in una di quelle diatribe tipicamente italiane. Nella seconda metà degli anni trenta gli stati maggiori delle più potenti nazioni dell’epoca cercavano di organizzare reparti di truppe paracadutiste che rispecchiassero per dotazioni, armi e dottrine di impiego i nuovi concetti di guerra di movimento, fatta di velocità ed audacia. In Italia, nonostante il grande contributo dato alla tecnica lancistica dal Generale Alessandro Guidoni (a cui è intitolata la città e l’aeroporto di Guidonia) e dal capitano Prospero Freri, lo Stato Maggiore della Regia Aeronautica e del Regio Esercito discutevano tra di loro per decidere chi avrebbe avuto l’onore di assumere in carico un reparto paracadutista!

A risolvere il problema fu Italo Balbo, sicuramente una delle figure più interessanti ed affascinanti degli anni precedenti la 2° Guerra Mondiale, che secondo il suo modo di fare risoluto e pragmatico superò la diatriba di Palazzo  costituendo di sua iniziativa, nel 1938 in Libia, il 1° Reggimento “Fanti dell’Aria“, composto da truppe di nazionalità libica oltre a ufficiali e sottufficiali dell’esercito e dell’aeronautica.
Nello stesso anno, probabilmente spronato proprio dall’intraprendenza quasi irrispettosa di Italo Balbo, il Ministero della Guerra autorizzò finalmente la fondazione della Regia Scuola Paracadutisti di Tarquinia dove, a partire dai primi mesi del 1940, incominciarono ad addestrarsi i volontari provenienti praticamente da tutte le armi. Il comando della Scuola venne affidato ad un bersagliere, il Colonnello pilota paracadutista Giuseppe Baudoin de Gillette   una mitica figura di uomo, di soldato e di organizzatore - che di fatto è il padre spirituale di tutti i paracadutisti italiani.

Contemporaneamente il Generale Riccardo Moizo, Comandante Generale dei Carabinieri Reali, intuì che un reparto speciale come i paracadutisti aveva necessità di essere affiancato da un altrettanto speciale reparto di polizia militare e così riuscì a concentrare nella caserma Podgora di Roma circa 400 volontari costituiti da carabinieri di tutti i gradi e provenienti da varie specialità dell'Arma
Il 1° luglio del 1940 venne così ufficialmente costituito, al comando del maggiore Bruto Bixio Bersanetti il Battaglione Carabinieri Reali Paracadutisti – di fatto il primo reparto paracadutista italiano  -  basato su tre compagnie, con la funzione di affiancare le nascenti divisioni di paracadutisti del Regio Esercito con un reparto di Polizia Militare animato dallo stesso particolare temperamento.


Le nascenti Grandi Unità del Regio Esercito, come la Folgore, erano state infatti concepite per condurre rapide invasioni di vasta portata, come quella mai realizzata dell’isola di Malta e di conseguenza era indispensabile poter disporre di un reparto di polizia militare altrettanto deciso e risoluto  che fosse in grado di gestire la legalità sin dalle fasi critiche immediatamente successive all’invasione stessa.
Come avvenne per i loro cugini della Folgore anche i Reali Carabinieri Paracadutisti ebbero però una sorte diversa da ciò per cui erano stati costituiti e per cui si erano addestrati.
Nato come reparto di polizia militare d’élite venne infatti speso per un’azione di guerra più adatta ad un reparto di pionieri d’arresto che a soldati addestrati a fare della velocità e dell’intraprendenza operativa la loro vera forza. I carabinieri paracadutisti erano infatti dei veri atleti, equipaggiati con armi leggere come il Moschetto Automatico Beretta calibro 9 e bombe a mano d’assalto, addestrati a combattimenti ravvicinati ed in ambienti chiusi come quelli urbani e boschivi e non certo alla costituzione di capisaldi d’arresto su vaste aree aperte.
A meno di un anno dalla sua costituzione, per un caso imprevedibile del destino, il Battaglione iniziò a scrivere la sua breve e gloriosa pagina di storia e, come accadrà un anno dopo per i cugini della Folgore, in una situazione totalmente diversa da quella per cui erano stati costituiti e per la quale si erano addestrati.
L’8 di giugno 1941 il Battaglione, passato al comando del maggiore Edoardo Alessi, ricevette  l’ordine inaspettato di trasferirsi in tempi brevissimi in Africa Settentrionale con compiti non ben definiti.
I carabinieri accolsero questa notizia con entusiasmo quasi fosse un regalo per la Festa dell’Arma, che cade il 5 di giugno. In realtà questa inaspettata decisione venne probabilmente presa per punire in modo indiretto alcuni ufficiali che avevano avuto un atteggiamento  irrispettoso nei confronti del regime. In particolare l'O.V.R.A. la polizia politica fascista aveva già segnalato che nel battaglione vi erano diffusi sentimenti antifascisti, sospetto che venne avvalorato da una comica imitazione di Mussolini da parte di un sottotenente dei carabinieri paracadutisti di nome Ragnini che proprio il 5 giugno, durante il pranzo per commemorare la Festa dell’Arma aveva suscitato l'ilarità di tutti gli ufficiali del reparto presenti e degli altri invitati, compreso lo stesso comandante della Scuola di Tarquinia, il Colonnello Baudoin.
Fatti quindi i bagagli di gran carriera e dopo essere sbarcato a Tripoli il Battaglione si trasferì in pieno agosto, con una lunga marcia a piedi, a Suani ben Adencon nel deserto di Zavia, con il compito di prevenire e neutralizzare le attività di un reparto di incursori inglesi che, come si saprà a guerra finita, era il Popski's Private Army  un'unità irregolare inserita nel Long Range Desert Group delle Forze Armate Britanniche creata e comandata da un coinvolgente ed estroso avventuriero di nome Vladimir Peniakoff - detto Popski - un belga di origini russe che fu naturalizzato inglese solo a guerra finita proprio per le coraggiose azioni dei commandos del suo esercito privato ai danni di molti obiettivi militari italiani. Popsky, dotato di grande carisma ed amante dell’avventura, aveva costituito un manipolo di fedelissimi ed audaci incursori in compagnia dei quali si muoveva nel deserto con relativa facilità utilizzando speciali camionette a quattro ruote motrici, modificate secondo le direttive dello stesso Peniakoff ed armate di  mitragliatrici pesanti Browing da mezzo pollice. Con questi mezzi effettuava veloci puntate a lungo raggio sabotando le linee di comunicazione e gli aeroporti italiani, compreso quello principale di Castel Benito dove, durante un’incursione, venne intercettato proprio dai reali carabinieri paracadutisti che nel combattimento ebbero la loro prima vittima.

Per puro caso i carabinieri paracadutisti  iniziarono così la loro attività bellica con il compito di interdizione ed antiguerriglia, che è una delle funzioni più importanti dell’attuale “Tuscania”.
Dopo i primi positivi risultati contro le incursioni dei commandos di Popsky il battaglione venne messo alle dipendenze del Corpo d'Armata di Manovra (C.A.M.) con l'ordine di trasferirsi nel Gebel Cirenaico, dove c’era la sede del Comando Superiore Forze Armate dell’Africa Settentrionale, con il compito di svolgere attività di interdizione lungo un tratto di costa contro le ripetute incursioni dei commandos inglesi, alcuni dei quali vennero presi prigionieri dai carabinieri di Alessi, insieme a numerosi guerriglieri libici.
L’8 di dicembre del 1941 l’Afrika Korps fu costretta ad una rapida ed imprevista ritirata sotto la pressione delle truppe corazzate dell’8° Armata del generale inglese Claude Auchinleck, mentre dalle strade laterali e secondarie della via Balbia i temibili incursori motorizzati inglesi facevano rapide puntate, attaccando i convogli italo-tedeschi in ritirata.
Ancora una volta fu richiesto l’intervento dei carabinieri paracadutisti  ma con un ordine diretto e personale del Feld Maresciallo Erwin Rommel, Comandante in capo dell’Afrika Korps, al maggiore Edoardo Alessi.
Il 14 dicembre l’intero Battaglione, costituito da circa 400 uomini, si schierò sulla via Balbia presso il bivio di Eluet El Asel per costituire un caposaldo per una difesa ad oltranza dell’arteria stradale e rallentare così l’avanzata inglese permettendo alle truppe italo tedesche dell’Africa-Korps di completare il loro deflusso e potersi quindi riorganizzare per una controffensiva.
Il compito affidato al maggiore Alessi aveva già qualche cosa di estremo nell’ordine: resistere ad oltranza, con armi leggere, a truppe motorizzate e corazzate!
Il reparto venne pertanto rinforzato con 6 cannoni controcarro da 47/32, gli stessi cannoni che la Folgore userà ad El Alamein, trainati e movimentati a forza di gambe e di braccia! I cannoni ed i cannonieri provenivano dalla 9° Compagnia dell’8° Bersaglieri al comando del tenente Alberto Coglitore il cui plotone a sua volta fu rinforzato da un piccolo drappello di venti paracadutisti libici dei Fanti dell’Aria. Il reparto disponeva però di circa 70 armi automatiche tra fucili mitragliatori e mitragliatrici Breda, era quindi dotato di un potere di fuoco che, se confrontato con il normale armamento di un reparto di fanteria italiano dell’epoca, costituiva un fatto straordinario. Il distaccamento disponeva inoltre di bombe a mano controcarro chiamate granate Pazzaglia, il cui uso richiedeva una non indifferente dote di vera follia perché veniva usata affrontando fisicamente il mezzo blindato. Questa è una corrispondenza dell’epoca che ne descrive l’uso: “Ci vuole arte e fegato per usare le Pazzaglia. Bisogna correre verso il tank sferragliante, che distribuisce morte tutt’intorno, evitare di finire sotto i suoi cingoli, lanciare la bomba sul vano motore e buttarsi a terra. Quando l'ordigno penetra dentro il carro, succede l'ira di Dio: le fiamme divampano, il liquido idraulico schizza rovente per ogni dove e le munizioni saltano. Se ci arrivi!!!”.

La battaglia di Eluet El Asel inizia il 19 dicembre quando una grossa pattuglia esplorante e di presa contatto della 5a Brigata della IV Divisione di Fanteria Indiana, costituito da cinque camionette cingolate, iniziò ad avanzare verso il caposaldo italiano dei carabinieri paracadutisti per saggiarne la consistenza ma venne praticamente decimata con pochi colpi di cannone dai bersaglieri del tenente Coglitore.
Subito dopo, come da tradizione britannica, gli inglesi attivarono un pesante fuoco di artiglieria per coprire l’avanzata di due compagnie che tentavano un ampio movimento a tenaglia per accerchiare il caposaldo italiano. Le truppe inglesi non avevano però fatto i conti con l’audacia e l’intraprendenza dei carabinieri paracadutisti che incuranti dei tiri di artiglieria e coperti dal terreno sassoso avanzarono a loro volta incontro agli inglesi intercettando la manovra di progressione ed investendoli con un violento ed imprevisto contrattacco ed impegnandoli anche in combattimenti ravvicinati condotti con raffiche di MAB e lanci di bombe a mano, capovolgendo così la situazione e trasformando gli inglesi da attaccanti in attaccati.
La ritirata degli inglesi permise al maggiore Alessi di iniziare la manovra di sganciamento lasciando sul posto 40 carabinieri paracadutisti al comando del tenente Enrico Mollo, con l’ordine di tenere il caposaldo sino alla notte per ingannare gli inglesi, simulando la presenza dell’intero reparto; così fu fatto, ma di questi eroici carabinieri paracadutisti solo 23 riuscirono a salvarsi e quantunque isolati ed appiedati rifiutarono di arrendersi. Mentre si trasferivano a piedi verso il villaggio agricolo Luigi Di Savoia aggregarono con loro dei soldati sbandati e con questi al seguito, non essendo riusciti a congiungersi con il battaglione,  si diedero alla macchia per quasi due mesi, sino alla controffensiva di Rommel.  In questo lasso di tempo, divisi in piccoli gruppi e sostenuti dalla popolazione civile italiana rimasta nei territori occupati dagli inglesi, questi carabinieri  veramente indomiti, compirono azioni di guerriglia e di protezione dei coloni italiani che erano continuamente attaccati da bande di guerriglieri libici che cercavano di impossessarsi dei beni delle fattorie italiane, attentando anche alla vita degli stessi coloni e dei loro lavoratori.
La colonna del maggiore Alessi, che si era invece mossa su autocarri e precedeva di quasi due giorni i movimenti del reparto appiedato del tenente Mollo, fu più volte bloccata presso Lamluda da alcuni posti di blocco volanti attivati dai veloci reparti motorizzati inglesi che vennero superati dopo furiosi combattimenti.
Del 1° Battaglione
Dopo la vittoriosa controffensiva di Rommel i superstiti del 1°  Battaglione  Reali Carabinieri Paracadutisti furono rimpatriati all’inizio del 1942 ed il 6 marzo dello stesso anno parteciparono alla triste cerimonia dello scioglimento ufficiale del reparto nella sede della Legione Territoriale di Roma.
C’è in questa bellissima storia di uomini, di soldati e di coraggio una domanda a cui io personalmente non so dare risposta: perché l’eroismo ed il sacrificio di questi Carabinieri venne ufficialmente riconosciuto solo dopo molti anni, quando il 14 giugno del 1964 fu consegnata all’Arma dei Carabinieri la Medaglia d’Argento alla Bandiera di quello che era stato il 1° Battaglione Reali Carabinieri Paracadutisti insieme a 5 Medaglie d’Argento al VM,  6 Medaglie di Bronzo e 4 croci di Guerra.

Erano ormai passati 23 anni dall’epica Battaglia di Eluet El Asel!
Siamo stati silenziosi per molto tempo, ma sempre attivi.
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E' il caso di dirlo: ne vedremo di cose, ne vedremo!