lunedì 16 gennaio 2012

UN CADUTO DA RICORDARE



Questo racconto è della nostra nuova giovane collaboratrice Rania Astore che raccoglie testimonianze tra tutti coloro che hanno scelto il mestiere delle armi, legando nei suoi racconti storie diverse e reali  con uno stile coinvolgente e pieno di partecipazione. 
Nel testo sono stati eliminati tutti i riferimenti personali e pertanto i nomi citati sono frutto di fantasia ed ogni loro riferimento a persone e fatti reali è da considerarsi puramente casuale.


Conservo una fotografia scattata anni fa ed oggi consumata dal tempo e dai tanti trasferimenti in agende e libri per portarla sempre con me. In essa ciò che ancora risalta sono i colori della bandiera italiana che avvolgeva la bara portata a spalle dai commilitoni. Subito dopo la bara ecco la figura di una donna, schiena dritta, un istante catturato nel dolore, un bambino al suo fianco le stringe la mano con lo sguardo fisso sul tricolore, perso chissà in quali paure.

Un silenzio ed una dignità fuori dal tempo pervadono questa foto, fissando quell'attimo, come se la Patria fosse lì e la vita stessa si vergognasse di esistere.

"Onori al Caporale Maggiore Floris, caduto nell'adempimento del proprio dovere …”, parole che ancora bruciano per il cuore di un soldato.
Pensate ai sentimenti che vi rapiscono ogni volta che vi trovate davanti ad una bara: timore, quando si è piccoli, soggezione per una vita finita, da grandi.
Eppure davanti ad una bara avvolta nella bandiera avviene qualcosa di più, il cuore si ferma nell'attimo in cui le lacrime iniziano a scavare le guance. Nulla ha più importanza, è come entrare in uno scafandro da palombaro dove sei isolato dal mondo e non sei più tu, non sei più qui, sei lì, dentro la bara insieme al tuo compagno caduto, ad immaginare nella tristezza della morte un sorriso per tutti noi che siamo la sua patria, ma vivi. Non ci riesci, non ci riesci mai, dopo che vedi decine di sue foto scorrere il video ti senti un verme, il suo assassino, stai male e piangi, vorresti urlare ma riesci a farlo solo in silenzio.

Allora inizi a pensare che in fondo sapeva a cosa andava incontro, ma non pensi mai all'altra metà della medaglia, non pensi che sia morto anche per te, per questo Paese e che se non ci fosse gente come lui tu non saresti libero neanche di piangere davanti ad un tricolore. Per questo ti senti un verme, perché sai che loro sono lontani da casa spesso per mesi, in situazioni difficili, eppure ci pensi solo quando uno di loro viene a mancare.
Morire da soldato all'epoca della prima e della seconda guerra mondiale era più che una possibilità,  qualcuno aveva infatti coniato il termine “carne da cannone” perché la vita dei soldati  sembrava non contasse nulla, se non per coloro che aspettavano a casa e proprio per questo erano vicini ai soldati"
Oggi i conflitti sono lontani, chiamati con termini difficili da capire e poco interessanti per i più, come “asimmetrici” o “ operazioni di peace Keeping”, noi ci ricordiamo di essere italiani solo quando scaricano da un aereo una bara, con ciò che contiene e che chiamiamo eroe, forse per lavarci la coscienza, sporca per un’apatia perdurante verso la vita dei soldati all’estero.
Quel maledetto giorno, il Caporale era di pattuglia, coperto da tutte le precauzioni possibili ma non bastarono. Cadde sotto lo scoppio di un razzo RPG, con lui venne ferito il suo amico il Sergente Canu che perse il braccio sinistro. Fu un attimo, prima che sentissero lo scoppio il tragico destino si era compiuto, Canu si rese conto subito di ciò che era successo e mentre si trovava davanti ad uno spettacolo profondamente meschino, con il corpo dilaniato del suo collega sbalzato a metri di distanza da lui, si rese conto che non aveva più il braccio ed allora si accasciò svenuto sulla sabbia intrisa di sangue.
Il ricordo vive nelle parole di chi ha combattuto insieme a lui vivendo momenti difficili da raccontare.

"C'erano giorni in cui Foris non sembrava uno di noi, giorni nei quali lo vedevi in disparte a scrutare l'orizzonte e se lo chiamavi non ricevevi risposta, era lui ma non era lì con noi. Guardava una foto della moglie con il figlio di pochi mesi, del quale non aveva potuto assistere alla nascita perché già partito per la sua prima missione. Quella foto la portava sempre con se, anche quando il figlio era cresciuto e lui era ripartito per un’altra ennesima missione. Era un uomo vero, uno di quelli che non vogliono essere compatiti, fiero e orgoglioso non si tirava mai indietro davanti a nulla. Floris aveva la stoffa del combattente: poche parole e molti fatti, come la gente delle sue parti.

Quando partiva ed i pensieri lo facevano ritornare in Patria, nella sua casa, sapevamo che ogni nostra parola sarebbe stata inutile. Con il tempo abbiamo imparato a conoscerlo, ad apprezzarne il valore e la serietà. Era spesso taciturno ma quando si stava insieme per giocare a carte o a calcetto per divertirci come ragazzi, perché prima di essere soldati eravamo ancora ragazzi, sorrideva sempre, ti colpiva perché gli occhi avevano una forte luce che risaltava sullo sfondo nero delle pupille. Eravamo ancora ragazzi, ma il deserto, quella dimensione infinita e sconosciuta, ci aveva cambiati. All'inizio sei euforico per la tua missione, passano i primi mesi ed inizi ad odiare quelle distese di dune e rocce, quella gente incomprensibile eppure l'anima del deserto ti conquista, ti fa diventare un uomo che sogna la propria donna ed intanto vede i propri compagni crescere con lui. Nei momenti di svago quando ci mettevano in posa per fare delle foto il sorriso non mancava mai, era spontaneo, mosso dalla voglia di far arrivare serenità ai propri cari, poco importava se dentro provassimo inquietudine e paura, il sorriso per chi si ama è per un soldato la più grande dimostrazione d'amore perché vien dal cuore, nonostante si guardi perennemente negli occhi il rischio, la morte.


Quando sentimmo l’esplosione, quel maledetto giorno, attivammo subito tutte le procedure d'emergenza ma sentivamo che qualcosa di irreparabile era accaduto perché quando scatta l’allarme dopo un’esplosione o uno scambio di colpi non si può mai sapere se l'attacco sia cessato o stia appena iniziando. Quel giorno era stato un assalto rapido ed improvviso. Dopo le prime urla ed i colpi di risposta il dispositivo venne avvolto nel silenzio, si sentivano solo lamenti e secchi ordini che venivano impartiti ai posti di combattimento e per prestare assistenza ai colpiti.

Davanti alla morte di un tuo compagno, che poco prima rideva con te ti senti svuotato. Diventi come carne e ossa che servono solo a tenere in piedi la mimetica, tu sotto quella stoffa non ci sei più, senti solo un dolore acuto che ti trafigge il cuore come se dovessi morire a tua volta e piangi senza che le lacrime cadano dagli occhi perché prima di essere un uomo, sei un soldato e da soldato devi essere dignitoso anche davanti alla morte, gli isterismi per noi non esistono. La pietà diventa così un sentimento notturno riservato alla sfera più intima, nascosto dall’affetto che si provava per il compagno caduto.

Era un uomo vero Floris, lo era ogni giorno, lo era da sempre,  accompagnare il suo ultimo viaggio di ritorno verso la Patria fu come vivere una seconda volta al suo fianco. Mentre eravamo seduti a guardare la bara avvolta dal tricolore, sospesi a migliaia di metri nel cielo, io che non sono proprio un cristiano praticante iniziai a recitare il Padre Nostro ad alta voce, seguito poi da tutti i compagni.
Davanti alla morte in simili situazioni, solo Dio ti sembra un porto sicuro dal dolore ed allora lo cerchi e più pensi a Dio più vedi il volto del tuo collega caduto. Durante il viaggio mi ricordavo gli scherzi sulla barba ormai lunga di entrambi, che usavamo per far finta di essere come loro, quando le sere ci raccontavamo episodi vissuti, quando si parlava delle proprie famiglie, quando uscivamo in ricognizione e tra la tensione generale lui aveva la capacità di farci sentire più tranquilli, incrociare il suo sguardo era tranquillizzante. Ci volevamo bene, è stato un grande amico, è stato un soldato con gli scarponi ben piantati per terra eppure capace di provare sentimenti quasi da bambino. Amava le armi, amava la nostra vita, amava il coraggio delle donne che decidevano di diventare soldato, amava i bambini: amava. Sono sicuro, che continuasse ad amare la vita da soldato anche in quei vuoti, in quelle assenze che lo colpivano nei momenti di tranquillità.

Ho incontrato la moglie, ecco lei si è comportata con forza e dignità. Vidi che aveva pianto per giorni, dagli occhi stanchi, arrossati e dalle occhiaie profonde, eppure davanti alla bara del marito si limitò ad abbracciarla, baciarla senza versare più una lacrima, composta prese il suo posto secondo il cerimoniale militare e con il figlio al fianco accompagnarono il loro soldato lungo il suo ultimo cammino. Affascinante e giovanissima si pensava che non sarebbe rimasta senza un altro uomo ed invece a distanza di anni è ancora sola. Ha cresciuto un figlio oggi maggiorenne che ha appena fatto richiesta per entrare nell'Esercito. Una donna straordinaria, forte che ha capito e sostenuto la scelta del figlio. Ho iniziato a capire perché il Caporale Maggiore Paolo Floris si perdesse pensando a lei, erano una cosa sola e lo sono tutt'oggi, entrambi forti, semplici, sorridenti, orgogliosi della propria vita.

È dunque così che Paolo oggi continua a vivere, non da eroe come lo definisce chi non lo conosceva ma da amico, amante e padre, da uomo e come tale ci ha insegnato che possiamo essere migliori servendo questo Paese con dignità e rispetto, ricordandoci di tutti i nostri compagni sempre, ogni giorno, e non solo quando uno di noi cade.”
Rania Astore


2 commenti:

  1. veramente splendido articolo.
    grazie
    Selvaggia Mami

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    1. SIAMO PERSONE SILENZIOSE,UMILI,SEMPLICI E NEL SILENZIO ASSOLUTO,CON PASSIONE,AMORE E ANIMO BUONO OGNI GIORNO CERCHIAMO DI DARE IL MEGLIO DI NOI STESSI,ALLEVIANDO SOFFERENZE,SALVANDO VITE,UMANE E NON,NON PER AVERE PATACCHE E MEDAGLIE,MA PER ESSERE FIERI DI NOI STESSI,PER DARE SOLIDARIETA' E SPERANZA A CHI NE HA BISOGNO, PER RIEMPIRCI IL CUORE DI UN GRANDE INSEGNAMENTO CHE SOLO DONANDO AIUTO AL PROSSIMO SI PUO' CAPIRE..L'AMORE UNIVERSALE E IL DONO DI NOI STESSI A CHI E' PIU' SFORTUNATO DI NOI E CI CHIEDE AIUTO.

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