Il trasferimento da
Abu Dhabi ad Herat sarebbe relativamente breve se si potesse sorvolare l’Iran
ma questo per ovvi e comprensibili motivi non è possibile e così il C130 J-30 della 46a Aero Brigata di Pisa, che fa base ad
Al Bateen, impiega circa 4 ore per giungere all’aeroporto di Camp Arena, a
seconda del vento, sorvolando l’Oman e poi l’Oceano Indiano sino al Pakistan
inserito nel “boulevard xx” come viene
chiamato il particolare corridoio aereo largo circa 10 miglia riservato agli
aerei della coalizione ISAF e da questa controllato. Come in una vera autostrada
i velivoli più lenti volano sulla destra posizionati dal controllo aereo su
varie quote. Dalla cabina di pilotaggio del nostro C130, dove per effettuare
alcune riprese video sul volo siamo ospiti
del capitano Andrea Placenti 38 anni, comandante del velivolo. Alla nostra sx vediamo
sfrecciare due A-10 che ci sorpassano, per quanto siano dei jet non particolarmente veloci rispetto al nostro
C130 sono velocissimi ed in pochi attimi li vediamo sparire all’orizzonte
davanti a noi. Poco tempo prima di entrare nel cielo afghano il velivolo assume
un profilo di volo tattico. Tutte l luci vengono spente e attivati tutti i
sistemi di difesa passiva. L’equipaggio composto da sei persone,
comandante e piloti compresi, indossa il corpetto antiproiettile con il kit di
sopravvivenza e di difesa ravvicinata.
Il Primo Maresciallo Tommaso Esposito cargo master e responsabile
della stiva ordina ai suoi due collaboratori, il Primo Maresciallo Gennaro Testa
e il Maresciallo di 2° grado Roberto Fraccola di raggiungere i posti di
combattimento che nel C130 sono per loro le due porte posteriori laterali del
velivolo. Sui vetri delle porte sono infatti riportati dei numeri che
corrispondono all’arco di cielo a fianco, davanti e dietro il velivolo visibile
da quel punto di vista. Se un missile sensibile alle emanazioni di calore dovesse agganciare il
velivolo gli specialisti possono attivare i flare di inganno puntati verso quel
dato punto ed azionarli con una specie di joystick. In cabina è il comandante Placenti che sovraintende a
tutti i vari sistemi di protezione passiva che comprende oltre ai lanciatori di
flare sistemi di ECM e altri dispositivi riservati, mentre il primo pilota, il
capitano Gianluca Vuturo, 36 anni ed il secondo pilota, il capitano Alessandro
d’Amico, 33 anni, sono evidentemente molto più concentrati sulla condotta del
velivolo controllando di continuo i dati di volo proiettati anche su gli HUD riportandoli per riscontro su diversi
sistemi per verificarne l’esattezza. In
lontananza, a prua, picchi rocciosi emergono da una fitta coltre di nebbia
sotto la quale c’è Herat. Per quanto l’aereo sia dotato di sofisticatissimi
sistemi di navigazione ogni tempo e l’equipaggio è visibilmente preparato
immergersi nel bianco di nebbia ci riempie
di una certa apprensione. Batuffoli di nebbia più densi degli altri si
materializzano e scompaiono velocemente su muso vetrato del velivolo sfrecciando
lateralmente, dando l’impressione della velocità, altrimenti non rilevabile durante
il volo nel chiaro. L’aereo atterra senza problemi e decelera rapidamente con l’aiuto
dei reverse delle eliche. Le operazioni di scarico e carico sono velocissime,
dopo meno di un’ora il C130 J è nuovamente in volo verso Al Bateen. Al suo
rientro le squadre di manutenzione prenderanno in consegna il velivolo ed inizieranno
un ciclo di controlli che dureranno un’intera giornata. La mattina successiva l’equipaggio
si presenterà in linea di volo due ore prima del decollo ed attuerà a sua volta
una complessa e completa check list di controlli alla presenza del responsabile
della squadra di manutenzione: la parola d’ordine per i “ragazzi” della 46a schierati con la Task Force Air è
infatti sicurezza a 360 gradi.(Fotografia di Giusepe Lami)
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