LEGIO
PATRIA NOSTRA
« Vecchio mio, la Legione è la Legione!
Vedi, qui è tutto falso. Falso è il tuo nome, anche se io lo ignoro, la tua
storia, la tua vita. Forse io stesso sono falso. Se vuoi, anche la storia della
Legione è falsa. Ma vedi, vecchio mio, c'è ancora una cosa... una cosa... Cosa
volevo dire? Si, c'è dell'umanità.»
(Giuseppe
Bottai, Legione è il mio nome)
La Francia ha ricordato
con grande risalto il
30 aprile la festa della Légion Ètrangère perché niente è più francese e patriottico di questo Reparto
di uomini senza nome e senza patria.
La data coincide, come
spesso accade nella storia militare, con una sconfitta sul campo di battaglia
perché la gloria ed il valore degli uomini prescindono dal risultato e dalla
bandiera che gli adombra.
Il 30 aprile del 1863 nel
villaggio messicano di Camaron de Tejada la 3ª compagnia del 1º Reggimento
Straniero, comandata dal capitano Jean Danjou, mentre scortava un carico d’oro fu
attaccata dai patrioti messicani, guidati dal colonnello Francisco de Paula
Milan. I Legionari, inferiori per numero e nell’impossibilità di ricevere aiuti
e rinforzi, rifiutarono la resa e chiusi in un quadrato sempre più piccolo
furono letteralmente massacrati mentre ormai si difendevano all’arma bianca.
I
messicani vinsero la battaglia di Camaron de Tejada solo perché in numero
soverchiante ma non ne conquistarono l’onore che andò tutto ai coraggiosi Legionari
che ancora ne tramandano con vivido orgoglio il ricordo.
Quello
che fu un giorno di gloria è ricordato in Francia come la festa della Legione
Straniera e la cerimonia della battaglia di Camerone
si celebra ogni anno con grande solennità ad Aubagne. Durante la ricorrenza un
Legionario scelto per il suo valore porta la mano di legno del capitano Danjou,
l’unica vera grande reliquia di questo reparto d’elite che dal 1831 ha
combattuto, e continua a farlo, dovunque la Francia ritenga necessario
difendere i suoi interessi con le armi.
Nella
Legione, sin dalla sua fondazione, hanno prestato servizio, soprattutto negli
anni del dopoguerra, circa 60 mila italiani e molti di loro hanno eroicamente scritto
la storia di questo reparto. Nonostante la sue ferrea disciplina la Legione
Straniera è un istituzione “democratica” dove conta solo il valore dell’individuo
che prescinde dalle origini e dalle motivazioni che lo hanno portato a varcare la
soglia del centro di arruolamento spogliandosi del suo passato. In tutta la storia
solo due Legionari hanno scalato la gerarchia militare sino ai massimi livelli
indossando i gradi di generale, uno di questi è l’Italiano Vittorio Tresti che
si congedò con il grado di generale di Divisione.
Per
una sola volta, a quanto ci risulta, la Legione Straniera si è scontrata contro
un reparto italiano. Fu il peggior incontro che i Legionari del Reggimento
“Francia Libera” che combatteva tra le file inglesi in Africa Settentrionale potevano
auspicare di fare.
La
notte tra il 23 e il 24 ottobre del 1942 ad El Alamein il 1° ed il 2° Battaglione
della Legione Straniera appartenenti alla Divisione “Francesi Liberi” appoggiati
da un Reggimento inglese dei Queen’s e sostenuto da un gran numero di autoblindo
e bren-carrier attaccarono il settore più meridionale dello schieramento italo-tedesco
nei pressi di Munaquir el Daba difeso da V Battaglione della Folgore.
Oltre
1300 uomini, sostenuti da un imponente fuoco di artiglieria si aprirono un
varco tra i circa 400 paracadutisti che difendevano la posizione. L’attacco fu
così irruento che gli artiglieri tedeschi, che dovevano proteggere l’avamposto,
si ritirarono lasciando gli italiani al loro destino.
Il
Comando del Battaglione decise allora di ricorrere alle truppe di rincalzo
della Folgore: poco più di sessanta uomini normalmente dediti alle cucine e
alle attività logistiche dell’avamposto ai quali si aggiunse spontaneamente un
plotone di Artieri Paracadutisti che nonostante il tiro delle artiglierie
inglesi si presentarono inquadrati e sull’attenti a dar man forte ad un simile improbabile
reparto di rincalzo. Il comandante del plotone, il Sotto Tenente Di Gennaro,
chiese formalmente al Comandante del Battaglione, il Ten. Colonnello Izzo stupito
e commosso – come lui stesso scriverà sulla Relazione Ufficiale del
Combattimento di Munaquir el Daba custodita negli archivi dello SME – «che il suo plotone chiedeva l’onore di
partecipare al combattimento.»
Questo
pugno di uomini che si battevano nella proporzione di uno contro quindici
riuscì non solo a fermare l’irruenta avanzata dei legionari ma a sferrare un
contrattacco che sgominò le linee nemiche che si ritirarono scompostamente.
Al
termine del combattimento il reparto di rincalzo composto da poco più di 90 Paracadutisti
aveva perso oltre sessanta dei suoi componenti. I Legionari avevano lasciato sul
campo oltre 300 morti abbandonati tra i resti fumanti dei numerosi blindo,
distrutti con il lancio di bombe a mano e di bottiglie incendiarie
Questo
accadde quando la Legione Straniera si scontrò con la Folgore. Era la notte e l’alba
del 24 ottobre del 1942 e fu una battaglia tra Primi.
Scrisse di
queste gesta Renato Migliavacca che ha dedicato la sua vita a tramandare la
Storia dei Fratelli della Folgore:
«I sopravvissuti hanno continuato a ricordare nel cuore
l'immagine di quel pezzetto d’Italia, il loro,
che tutti insieme costruirono nel deserto egiziano; una comunità dove i
pezzi grossi erano primi nell’affrontare rischi e assumersi responsabilità,
dove la solidarietà reciproca non aveva confini. Perché questo fu per loro la Folgore: una
piccola, meravigliosa Patria per la quale, valeva davvero la pena di vivere o
di morire.»
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