PERCHE' IL "TUSCANIA" E' IL PRIMO REPARTO PARACADUTISTI
La storia di quello
che è oggi 1° Reggimento Carabinieri Paracadutisti “Tuscania” inizia in una di quelle diatribe tipicamente
italiane. Nella seconda metà degli anni trenta gli stati maggiori delle più
potenti nazioni dell’epoca cercavano di organizzare reparti di truppe
paracadutiste che rispecchiassero per dotazioni, armi e dottrine di impiego i
nuovi concetti di guerra di movimento, fatta di velocità ed audacia. In Italia,
nonostante il grande contributo dato alla tecnica lancistica dal Generale
Alessandro Guidoni (a cui è intitolata la città e l’aeroporto di Guidonia) e dal
capitano Prospero Freri, lo Stato
Maggiore della Regia Aeronautica e del Regio Esercito discutevano tra di loro per
decidere chi avrebbe avuto l’onore di assumere in carico un reparto
paracadutista!
A risolvere il
problema fu Italo Balbo, sicuramente una delle figure più interessanti ed
affascinanti degli anni precedenti la 2° Guerra Mondiale, che secondo il suo
modo di fare risoluto e pragmatico superò la diatriba di Palazzo costituendo di sua iniziativa, nel 1938 in
Libia, il 1° Reggimento “Fanti dell’Aria“, composto da truppe di nazionalità
libica oltre a ufficiali e sottufficiali dell’esercito e dell’aeronautica.
Nello stesso
anno, probabilmente spronato proprio dall’intraprendenza quasi irrispettosa di
Italo Balbo, il Ministero della Guerra autorizzò finalmente la fondazione della
Regia Scuola Paracadutisti di Tarquinia dove, a partire dai primi mesi del
1940, incominciarono ad addestrarsi i volontari provenienti praticamente da
tutte le armi. Il comando della Scuola venne affidato ad un bersagliere, il
Colonnello pilota paracadutista Giuseppe
Baudoin de
Gillette – una
mitica figura di uomo, di soldato e di organizzatore - che di fatto è il padre
spirituale di tutti i paracadutisti italiani.
Contemporaneamente
il Generale Riccardo Moizo, Comandante Generale dei Carabinieri Reali, intuì
che un reparto speciale come i paracadutisti aveva necessità di essere
affiancato da un altrettanto speciale reparto di polizia militare e così riuscì
a concentrare nella caserma Podgora di Roma circa 400 volontari costituiti da carabinieri
di tutti i gradi e provenienti da varie specialità dell'Arma
Il 1° luglio del 1940 venne così ufficialmente costituito,
al comando del maggiore Bruto
Bixio Bersanetti il 1º Battaglione
Carabinieri Reali Paracadutisti – di fatto il primo reparto paracadutista italiano - basato
su tre compagnie, con la funzione di affiancare le nascenti divisioni di
paracadutisti del Regio Esercito con un reparto di Polizia Militare animato
dallo stesso particolare temperamento.
Le nascenti Grandi Unità del Regio Esercito, come la
Folgore, erano state infatti concepite per condurre rapide invasioni di vasta
portata, come quella mai realizzata dell’isola di Malta e di conseguenza era
indispensabile poter disporre di un reparto di polizia militare altrettanto
deciso e risoluto che fosse in grado di
gestire la legalità sin dalle fasi critiche immediatamente successive all’invasione
stessa.
Come avvenne per i loro cugini della Folgore anche i Reali
Carabinieri Paracadutisti ebbero però una sorte diversa da ciò per cui erano
stati costituiti e per cui si erano addestrati.
Nato come reparto di polizia militare d’élite venne infatti
speso per un’azione di guerra più adatta ad un reparto di pionieri d’arresto
che a soldati addestrati a fare della velocità e dell’intraprendenza operativa
la loro vera forza. I carabinieri paracadutisti erano infatti dei veri atleti, equipaggiati
con armi leggere come il Moschetto Automatico Beretta calibro 9 e bombe a mano
d’assalto, addestrati a combattimenti ravvicinati ed in ambienti chiusi come
quelli urbani e boschivi e non certo alla costituzione di capisaldi d’arresto
su vaste aree aperte.
A meno di un anno dalla sua costituzione, per un caso
imprevedibile del destino, il Battaglione iniziò a scrivere la sua breve e
gloriosa pagina di storia e, come accadrà un anno dopo per i cugini della
Folgore, in una situazione totalmente diversa da quella per cui erano stati
costituiti e per la quale si erano addestrati.
L’8 di giugno 1941 il Battaglione, passato al comando
del maggiore Edoardo Alessi, ricevette l’ordine
inaspettato di trasferirsi in tempi brevissimi in Africa Settentrionale con
compiti non ben definiti.
I
carabinieri accolsero questa notizia con entusiasmo quasi fosse un regalo per
la Festa dell’Arma, che cade il 5 di giugno. In realtà questa inaspettata decisione
venne probabilmente presa per punire in modo indiretto alcuni ufficiali che
avevano avuto un atteggiamento irrispettoso nei confronti del regime. In
particolare l'O.V.R.A. la polizia politica fascista aveva già segnalato che nel
battaglione vi erano diffusi sentimenti antifascisti, sospetto che venne
avvalorato da una comica imitazione di Mussolini da parte di un sottotenente
dei carabinieri paracadutisti di nome Ragnini che proprio il 5 giugno, durante
il pranzo per commemorare la Festa dell’Arma aveva suscitato l'ilarità di tutti
gli ufficiali del reparto presenti e degli altri invitati, compreso lo stesso
comandante della Scuola di Tarquinia, il Colonnello Baudoin.
Fatti
quindi i bagagli di gran carriera e dopo essere sbarcato a Tripoli il
Battaglione si trasferì in pieno agosto, con una lunga marcia a piedi, a Suani
ben Adencon nel deserto di Zavia, con il compito di prevenire e neutralizzare
le attività di un reparto di incursori inglesi che, come si saprà a guerra
finita, era il Popski's Private Army un'unità irregolare inserita nel Long Range Desert Group delle Forze Armate
Britanniche creata e comandata da un coinvolgente ed estroso avventuriero
di nome Vladimir Peniakoff - detto Popski
- un belga di origini russe che fu naturalizzato inglese solo
a guerra finita proprio per le coraggiose azioni dei commandos del suo esercito
privato ai danni di molti obiettivi militari italiani. Popsky, dotato di grande
carisma ed amante dell’avventura, aveva costituito un manipolo di fedelissimi
ed audaci incursori in compagnia dei quali si muoveva nel deserto con relativa
facilità utilizzando speciali camionette a quattro ruote motrici, modificate
secondo le direttive dello stesso Peniakoff ed armate di mitragliatrici pesanti Browing da mezzo
pollice. Con questi mezzi effettuava veloci puntate a lungo raggio sabotando le
linee di comunicazione e gli aeroporti italiani, compreso quello principale di
Castel Benito dove, durante un’incursione, venne intercettato proprio dai reali
carabinieri paracadutisti che nel combattimento ebbero la loro prima vittima.
Per puro
caso i carabinieri paracadutisti
iniziarono così la loro attività bellica con il compito di interdizione
ed antiguerriglia, che è una delle funzioni più importanti dell’attuale
“Tuscania”.
Dopo i
primi positivi risultati contro le incursioni dei commandos di Popsky il battaglione
venne messo alle dipendenze del Corpo d'Armata di Manovra (C.A.M.) con l'ordine
di trasferirsi nel Gebel Cirenaico, dove c’era la sede del Comando Superiore
Forze Armate dell’Africa Settentrionale, con il compito di svolgere attività di
interdizione lungo un tratto di costa contro le ripetute incursioni dei
commandos inglesi, alcuni dei quali vennero presi prigionieri dai carabinieri
di Alessi, insieme a numerosi guerriglieri libici.
L’8 di dicembre del 1941 l’Afrika Korps fu costretta
ad una rapida ed imprevista ritirata sotto la pressione delle truppe corazzate
dell’8° Armata del generale inglese Claude Auchinleck, mentre dalle strade
laterali e secondarie della via Balbia i temibili incursori motorizzati inglesi
facevano rapide puntate, attaccando i convogli italo-tedeschi in ritirata.
Ancora una volta fu richiesto l’intervento dei
carabinieri paracadutisti ma con un
ordine diretto e personale del Feld Maresciallo Erwin Rommel, Comandante in capo
dell’Afrika Korps, al maggiore Edoardo Alessi.
Il 14 dicembre l’intero Battaglione, costituito da
circa 400 uomini, si schierò sulla via Balbia presso il bivio di Eluet El Asel
per costituire un caposaldo per una difesa ad oltranza dell’arteria stradale e
rallentare così l’avanzata inglese permettendo alle truppe italo tedesche
dell’Africa-Korps di completare il loro deflusso e potersi quindi riorganizzare
per una controffensiva.
Il compito affidato al maggiore Alessi aveva già
qualche cosa di estremo nell’ordine: resistere
ad oltranza, con armi leggere, a truppe motorizzate e corazzate!
Il reparto venne pertanto rinforzato con 6 cannoni
controcarro da 47/32, gli stessi cannoni che la Folgore userà ad El Alamein,
trainati e movimentati a forza di gambe e di braccia! I cannoni ed i cannonieri
provenivano dalla 9° Compagnia dell’8° Bersaglieri al comando del tenente Alberto
Coglitore il cui plotone a sua volta fu rinforzato
da un piccolo drappello di venti paracadutisti libici dei Fanti dell’Aria. Il
reparto disponeva però di circa 70 armi automatiche tra fucili mitragliatori e
mitragliatrici Breda, era quindi dotato di un potere di fuoco che, se
confrontato con il normale armamento di un reparto di fanteria italiano
dell’epoca, costituiva un fatto straordinario. Il distaccamento disponeva
inoltre di bombe a mano controcarro chiamate
granate Pazzaglia, il cui uso
richiedeva una non indifferente dote di vera follia perché veniva usata affrontando fisicamente il mezzo blindato. Questa
è una corrispondenza dell’epoca che ne descrive l’uso: “Ci vuole arte e fegato per usare le
Pazzaglia. Bisogna correre verso il tank sferragliante, che distribuisce morte
tutt’intorno, evitare di finire sotto i suoi cingoli, lanciare la bomba sul
vano motore e buttarsi a terra. Quando l'ordigno penetra dentro il carro,
succede l'ira di Dio: le fiamme divampano, il liquido idraulico schizza rovente
per ogni dove e le munizioni saltano. Se ci arrivi!!!”.
La battaglia di Eluet El Asel inizia il 19 dicembre quando
una grossa pattuglia esplorante e di
presa contatto della 5a Brigata della IV Divisione di Fanteria Indiana,
costituito da cinque camionette cingolate, iniziò ad avanzare verso il
caposaldo italiano dei carabinieri paracadutisti per saggiarne la consistenza
ma venne praticamente decimata con pochi colpi di cannone dai bersaglieri del
tenente Coglitore.
Subito dopo, come da
tradizione britannica, gli inglesi attivarono un pesante fuoco di artiglieria per
coprire l’avanzata di due compagnie che tentavano un ampio movimento a tenaglia
per accerchiare il caposaldo italiano. Le truppe inglesi non avevano però fatto
i conti con l’audacia e l’intraprendenza dei carabinieri paracadutisti che
incuranti dei tiri di artiglieria e coperti dal terreno sassoso avanzarono a
loro volta incontro agli inglesi intercettando la manovra di progressione ed
investendoli con un violento ed imprevisto contrattacco ed impegnandoli anche in
combattimenti ravvicinati condotti con raffiche di MAB e lanci di bombe a mano,
capovolgendo così la situazione e trasformando gli inglesi da attaccanti in
attaccati.
La ritirata degli inglesi
permise al maggiore Alessi di iniziare la manovra di sganciamento lasciando sul
posto 40 carabinieri paracadutisti al comando del tenente Enrico Mollo, con l’ordine
di tenere il caposaldo sino alla notte per ingannare gli inglesi, simulando la
presenza dell’intero reparto; così fu fatto, ma di questi eroici carabinieri
paracadutisti solo 23 riuscirono a salvarsi e quantunque isolati ed appiedati
rifiutarono di arrendersi. Mentre si trasferivano a piedi verso il villaggio
agricolo Luigi Di Savoia aggregarono con loro dei soldati sbandati e con questi
al seguito, non essendo riusciti a congiungersi con il battaglione, si diedero alla macchia per quasi due mesi,
sino alla controffensiva di Rommel. In
questo lasso di tempo, divisi in piccoli gruppi e sostenuti dalla popolazione
civile italiana rimasta nei territori occupati dagli inglesi, questi
carabinieri veramente indomiti, compirono
azioni di guerriglia e di protezione dei coloni italiani che erano
continuamente attaccati da bande di guerriglieri libici che cercavano di
impossessarsi dei beni delle fattorie italiane, attentando anche alla vita
degli stessi coloni e dei loro lavoratori.
La colonna del maggiore Alessi, che si era invece mossa
su autocarri e precedeva di quasi due giorni i movimenti del reparto appiedato del
tenente Mollo, fu più volte bloccata presso
Lamluda da alcuni posti di blocco volanti attivati dai veloci reparti
motorizzati inglesi che vennero superati dopo furiosi combattimenti.
Del 1° Battaglione
Dopo la vittoriosa controffensiva di Rommel i superstiti
del 1° Battaglione Reali Carabinieri Paracadutisti furono
rimpatriati all’inizio del 1942 ed il 6 marzo dello stesso anno parteciparono
alla triste cerimonia dello scioglimento ufficiale del reparto nella sede della
Legione Territoriale di Roma.
C’è in questa bellissima
storia di uomini, di soldati e di coraggio una domanda a cui io personalmente
non so dare risposta: perché l’eroismo ed il sacrificio di questi Carabinieri
venne ufficialmente riconosciuto solo dopo molti anni, quando il 14 giugno del
1964 fu consegnata all’Arma dei Carabinieri la Medaglia d’Argento alla Bandiera
di quello che era stato il 1° Battaglione Reali Carabinieri Paracadutisti
insieme a 5 Medaglie d’Argento al VM, 6
Medaglie di Bronzo e 4 croci di Guerra.
Erano ormai passati 23 anni
dall’epica Battaglia di Eluet El Asel!