lunedì 28 novembre 2011

VIRTUAL FLAG 2011


Gli scenari in cui operano le aviazioni militari diventano sempre più complessi come del resto gli stessi aerei, le armi ed i sistemi di ricognizione che imbarcano. Il periodo romantico dell'aviazione militare, che ha affascinato intere generazioni, quando il pilota con il giubbotto di pelle ed il foulard al vento controllava con un calcio la pressione dei pneumatici e poi decollava incontro all'avventuram cercando di controllare l'aereo fisicamente appartiene ormai alla preistoria del volo.
Far volare un aereo militare è un'operazione sempre più complessa e coinvolge direttamente numerose realtà organizzative e logistiche e gli uomini che le governano devono essere sempre più preparati a muoversi in un sofisticato network di comunicazioni ed in grado di formulare soluzioni precise e concrete rispetto alla complessità delle missioni.
Per questo motivo oltre all'addestramento operativo per la pianificazione e la condotta della missione è indispensabile simularne il processo di formazione a terra, mettendo in gioco tutto quanto è indispensabile per condurre una missione fuori area, come sempre più spesso avviene.
L'esercitazione VIRTUAL FLAG 2011 iniziata lunedì 7 Novembre e comclusasi il 18 aveva proprio questo scopo: pianificare, coordinare e controllare operazioni in aree complesse, simulando un contesto operativo “virtuale”, prodotto attraverso una rete multimediale e una serie di software di simulazione molto avanzati. A questa esercitazione hanno partecipato circa 150 militari, di cui 60 provenienti da diversi Reparti e specializzazioni della Forza Armata, che si sono esercitati presso il Comando Operazioni Aeree (COA) di Poggio Renatico (Ferrara).
 
In particolare, gli obiettivi fissati per questa esercitazione sono stati quelli di verificare, a livello operativo, la capacità di pianificare e condurre un’operazione di media-scala, con la costituzione di due DOB (Deployable Operational Base) e un  APOD (Airport of Disembarkation) in uno scenario tipico di operazione fuori dai confini nazionali; sviluppare le capacità del personale militare di operare, in modo sinergico ed efficace, all’interno di strutture di Comando e Controllo (JFACC-AOC), secondo le nuove dottrine della NATO; verificare la capacità di rischieramento del Reparto Mobile di Comando e Controllo dell’A.M. e addestrare il personale dell’AOC a operare da strutture mobili; sviluppare la capacità di addestramento in modalità “simulata” CAX (Computer Assisted eXercise) con l’impiego di sistemi informatici di simulazione e delle nuove tecnologie di comunicazione; validare, infine, i contenuti dei programmi dell’Air Operation Training Centre, ovvero del centro di addestramento al comando e controllo delle operazioni aeree istituito lo scorso anno a Poggio Renatico.

A differenza delle due edizioni scorse, quest’anno la “training audience” ha pianificato e condotto l’attività aerea dalle sale operative del Reparto Mobile di Comando e Controllo di Bari Palese che, per l’occasione, ha trasferito a Poggio Renatico 12 shelter e circa 30 uomini.

La "Virtual Flag 2011" si è svolta in due fasi, ciascuna della durata di cinque giorni: nella prima, cosiddetta “orientation course”, la “training audience” ha potuto familiarizzare con la struttura e le procedure operative del JFACC (Joint Force Air Component Command), ovvero la capacità militare che consente di pianificare, coordinare e controllare tutti gli aspetti di una campagna aerea.
Nella stessa fase, anche il personale dell’EXCON (EXercise CONtrol), la “regia” dell’esercitazione, ha potuto esercitarsi nell’utilizzo dei software di simulazione, tra i quali il Joint Planning and Execution Coordination Tool (JPECT), un’interfaccia sviluppata dalla NATO per l’addestramento del personale sui sistemi e sulle procedure di Comando e Controllo (C2) delle operazioni militari. Nella seconda fase, si è svolta la parte pratica dell’esercitazione, ambientata in un contesto di tipo CRO (Crisis Response Operation) ed incentrata sulla pianificazione operativa e sull’esecuzione di una campagna aerea diretta, coordinata e controllata da un JFACC-AOC (Air Operation Center) rischierato a ridosso dell’area di operazioni.
La “Virtual Flag 2011” si è conclusa con l’identificazione delle azioni ritenute maggiormente efficaci per attuare i necessari miglioramenti dell’organizzazione, dei processi, delle procedure e dell’addestramento del personale operante in un JFACC.



Durante lo svolgimento dell’esercitazione, il Generale di Squadra Aerea Pasquale Preziosa, Comandante le Scuole/3a Regione Aerea,  il Direttore per l’Impiego del Personale Militare dell’A.M., Generale di Squadra Aerea Paolo Magro, il Generale di Divisione Aerea Carlo Magrassi, Vice Comandante del CSA (Comando Squadra Aerea), e il Generale di  Divisione Aerea Enzo Vecciarelli, Capo di Stato Maggiore del CSA, hanno fatto visita al COA  e hanno apprezzato l’ottima organizzazione dell’attività finalizzata al raggiungimento degli obiettivi prefissati dalla Forza Armata.

sabato 26 novembre 2011

IL BRUTTO ANATROCCOLO FA 4000



Vi ricordate la fiaba di H. C. Andersen "Il brutto anatroccolo"? 
Bene, se non la ricordate è perché nessuno ve l’ha mai letta e mi dispiace per voi, potrebbe essere la prova palese che avete trascorso un'infanzia infelice, abbandonati dai vostri genitori davanti alle coglionate della TV.  
Comunque sia, la storia del brutto anatroccolo biasimato e deriso dalla comunità di anatre starnazzanti in cui viveva e che poi, da adulto, scopre di essere un bellissimo cigno dal portamento regale è la parafrasi della storia del cacciabombardiere leggero AMX Ghibli, progettato da un consorzio italo brasiliano verso la fine degli anni 70. La storia di questo aeroplano è stata travagliata sin dall'inizio, era del resto la prima volta che dopo la storia del Fiat G91 l'industria aeronautica italiana si cimentava su un progetto così complesso e in qualche modo audace.
Durante il quinto volo di collaudo del prototipo, dopo solo tre minuti dal decollo da Torino Caselle e carico di carburante, il pilota collaudatore Manlio Quarantelli, 57 anni, moglie e tre figli, pilota collaudatore con ottomila ore di volo alle spalle – un vero manico come si dice in gergo aviatorio - per evitare  una strage controlla con coraggio e freddezza l'aereo entrato in avaria, riuscendo a scansare i fili dell'alta tensione, una cascina e la tangenziale di Torino colma di traffico. Mentre l'aereo  spanciava contro un filare di alberi, il pilota azionò il seggiolino eiettabile la cui carica esplosiva lo scaraventò, dopo aver sfondato il plexiglass corazzato spesso tre centimetri, ad una ottantina di metri dalla carcassa dell' Amx che si era incendiato. Quarantelli morì pochi giorni dopo per le ustioni e le fratture riportate.
Negli anni successivi una volta che l’aereo era entrato nei reparti di volo, numerosi altri incidenti causarono la morte di altri piloti ed il conseguente intervento della onnisciente magistratura che portò al blocco dei voli di questo aereo e che avviò un'indagine contro Alenia (la società del Gruppo Finmeccanica che aveva assorbito il progetto Aermacchi-Aeritalia-Embraer) mandando a giudizio alcuni dirigenti per inadempimento nella fornitura e per frode. Nel 2004 dopo un'ulteriore messa a terra del velivolo da parte della magistratura sarda, che ne aveva “identificato” anomalie strutturali, l’allora Sottosegretario alla Difesa Filippo Berselli, già over 60, passò la visita medico legale per compiere un volo dimostrativo su un AMX biposto presso il Reparto Sperimentale di Pratica di Mare. Un atto simbolico certamente, ma la storia dell’uomo ed il suo progresso è, per fortuna di tutti noi, piena di atti simbolici.
Eppure nonostante questi precedenti i piloti che ci hanno volato e ci volano sono soddisfatti della loro “macchina” di cui parlano con toni che sconfinano nell’affetto e, come dimostrato durante la guerra contro la Serbia in cui gli AMX fecero la loro parte, sfuggendo a innumerevoli lanci di missili SAM serbi e riportando sempre a casa i piloti che, con il criticato aereo sub iudicio della magistratura – in pratica sottoposto ad un’indagine legale come se fosse un malfattore antropomorfo - colpirono con la dovuta precisione gli obiettivi assegnati, naturalmente nel più totale silenzio stampa e forse con il fastidio di alcuni.
La realtà è che questo aereo è stato costruito in Italia in circa duecento esemplari, più o meno il numero degli F16 di preserie costruiti dalla General Dynamics che ne sfornò in seguito più di 5000 esemplari, continuamente affinati e sviluppati come è prassi dell’industria aeronautica. Gli F16 sono stati venduti in tutto il mondo e saranno ancora in linea per almeno altri trent’anni; per inciso sono tuttora imbattuti in tutti gli innumerevoli scontri aerei e nelle azioni di attacco a cui hanno partecipato, come del resto l’AMX. Ma anche l'F16, i Mirage, i MiG 29 ed i Sukhoi Su27 hanno avuto una gestazione difficile con un rateo di incidenti iniziali pari o superiori a quello dell’AMX perché progettare un aereo militare e portarlo a livello di combat ready non è come costruire una lavatrice o un'utilitaria con lo stereo ed i sedili in fintapelle. Certo che se invece dei governicoli che si sono succeduti in italia dal 1977 ad oggi avessimo avuto un quinto (in termini qualitativi) dei governi francesi o americani, anche noi avremmo venduto i nostri AMX come noccioline, come loro hanno venduto i loro Mirage ed F16, facendo lavorare per decenni migliaia di tecnici e lavoratori super qualificati, rimpinguando le casse dello Stato e rafforzandone la politica estera.
Ma anche il brutto anatroccolo AMX, dopo tante peripezie ha assunto le sembianze di un cigno, nonostante la scia di polemiche sostenute dall’ignoranza su tutto ciò che è militare, che vola e che caratterizza la stampa generalista nazionale. E’ una notizia solo apparentemente minore quella di alcuni giorni fa e, poiché non tratta di calcio, di gossip e di morbosa cronaca nera, è “sfuggita” alla stampa “ufficiale”. 

Dal 7 novembre del 2009 ad oggi l’AMX si è riscattato alla grande, anzi, si riscatta quotidianamente, volando sopra l'Afghanistan all'interno del Task Group “Black Cats” della Joint Air Task Force (JATF) del Regional Command – West, adesso sotto il comando della Brigata Sassari.
In questo arco di tempo quello che era il  brutto anatroccolo AMX, vola continuamente e con successo sopra l'Afghanistan, riportando sempre i piloti a casa ed il carniere pieno di fotografie e rilevamenti sensoriali, perché la missione principale dei Black Cats è quella della ricognizione sensoriale, mentre quella di CAS (Close Air Support, in termini grevi: sparare da bassa quota sui “cattivi”) pur essendo possibile è considerata una soluzione estrema ed affidata al solo cannone Vulcan da 20 mm con cui sono comunque armati.
I Black Cats, basati su un dispositivo di quattro  AMX condotti da piloti del 51° Stormo di Istrana, del 32° Stormo di Amendola e tenuti in efficienza dai  tecnici del  3° Reparto Manutenzione Velivoli con base a Treviso hanno compiuto più di 1.500 sortite e ben 4.000 ore di volo con oltre 3.700 ricognizioni su vari siti producendo circa 41.000 fotografie digitali ad altissima risoluzione, tutte esaminate nei minimi particolari dagli occhi esperti degli analisti dell’intelligence e archiviate secondo complessi sistemi di ricerca. Infatti la caratteristica del POD AN/AAQ-28 Litening II di cui sono dotati, sviluppato negli USA dalla Northrop-Grumman su un progetto della Rafael israeliana, è quella di scattare in sequenza 24 fotografie multi banda al secondo e non filmati video, come per esempio quelli realizzati dai Predator, che permettono attraverso sofisticati algoritmi di individuare tracce altrimenti invisibili ad altri sistemi di ricognizione, calcolando anche le curve di livello dei territori sorvolati. Il POD Litening II può essere utilizzato anche come illuminatore per le così dette bombe intelligenti a guida laser e, soprattutto, permette di inviare in tempo reale le immagini alle truppe a terra di ISAF che le possono visualizzare su uno speciale computer portatile di cui sono dotate. L’importanza di questa complessa attività è ben conosciuta da reparti francesi, americani e naturalmente italiani che hanno evitato agguati e imboscate o di finire su trappole di IED grazie all'opera dei Black Cats. Anche numerosi ed ignari civili afghani hanno beneficiato di questa attività, evitando di saltare in aria sugli IED che gli insorgenti disseminano ad arte lungo le arterie afghane, senza curarsi troppo di chi per primo ci passa sopra. 
L’AMX è il velivolo perfetto per le così dette guerre asimmetriche: il suo motore è un turbo fan senza il post bruciatore e quindi ha una traccia IR bassa, consuma poco e può restare in volo per molto tempo senza necessità di rifornimento in volo, tra l’altro possibile. È maneggevole, buon incassatore ed i sistemi di ricognizione e le armi da guerre stellari sono agganciate al velivolo e come tali facilmente revisionabili e sostituibili mentre la sua struttura meccanica è realizzata secondo criteri consolidati. I tecnici dell’Aeronautica Militare hanno imparato a conoscerlo e ne hanno sviluppato sul campo, nonostante i pochi esemplari costruiti, le possibilità e scoperto i limiti.  È anche un loro merito se i piloti sono riusciti a volare per 4000 ore con l’AMX nelle condizioni ambientali di un territorio come l'Afghanistan, senza incidenti o anomalie di rilievo. E’ il risultato dell'impegno e della professionalità di quell'Italia silenziosa ed efficiente che fa, così bene e senza applausi, il proprio dovere al punto tale che è riuscita a ridare la dignità del cigno (ma sarebbe più giusto dire dell’aquila) al vituperato brutto anatroccolo.
(a.t.)

mercoledì 23 novembre 2011

SI VIS PACEM, PARA BELLUM



 Fotografia di Giuseppe Lami

Il dissolvimento del mito del socialismo reale, simbolicamente identificato con la caduta del Muro di Berlino ed i fatti conseguenti all’11 settembre 2001 hanno segnato un nuovo ciclo della storia moderna i cui disegni sono ancora indefiniti e sempre più inquietanti.
Sulla scena mondiale gli attori della  guerra fredda sono stati surrogati da nuovi e inaspettati interpreti, radicalizzando posizioni che hanno spinto studiosi e politologi come Samuel P. Huntington a parlare di un nuovo scontro di civiltà secondo schemi che sembravano abbandonati e che invece si ripropongono con una fertilità inusuale facendo vacillare l’ideale di pace e di stabilità sociale che, soprattutto nell’Europa occidentale, è stata l’aspirazione dominante per tutta la seconda parte del secolo scorso. Se si vuole capire perché i nostri militari presidiano sperduti avamposti persi nel nulla della regione occidentale afghana ed in altri scenari di guerra, spesso pagando il loro impegno con un duro prezzo è indispensabile guardare ben oltre i confini nazionali ed europei, codificando con nuovi presupposti questi avvenimenti.
La sospensione della leva obbligatoria ha coinciso con un impegno straordinario delle nostre Forze Armate, trasformando rapidamente un esercito di nolenti naioni in abili soldati di professione. All’improvviso l’Italia, addormentata in un illusorio pacifico ed eterno benessere, ha scoperto che i suoi soldati erano parte attiva all’interno degli inaspettati scenari di un mondo in guerra.
In verità c’erano già stati dei precedenti. Subito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, nel 1946, mentre in Italia erano ancora vivi i flussi della guerra civile, i nostri soldati sono intervenuti con le armi in Eritrea e poi in Somalia, in Corea, in Congo ed in Egitto.
Il 1980 è stato l’anno della prima vera spedizione militare italiana fuori area, nel cuore di un conflitto, quello libanese, che ha rappresentato un punto di svolta: gli italiani stupefatti hanno incominciato a capire che la guerra aveva posti liberi anche per loro. Poi in rapida successione c’è stata la liberazione del Kuwait invaso dall’Iraq (1991) la Somalia (1993) il Mozambico (1994) la Bosnia (1995) ed il Kosovo (1999) coevo alla missione a Timor Est, condotta insieme agli australiani ed infine la guerra all’Afghanistan dei talebani (2001) nella coalizione “Enduring  Freedom” a cui abbiamo partecipato con un’intensa quanto misconosciuta attività aeronavale.
La guerra in Iraq (2003) ha risvegliato lo spirito guerriero dei pacifisti che hanno misteriosamente identificato il simbolo della pace con la bandiera arcobaleno, vessillo degli omosessuali californiani e nord europei. Adesso siamo ancora in Afghanistan con la coalizione ISAF, mentre i bombardamenti contro la Libia, come da voci di palazzo, hanno letteralmente svuotato gli arsenali dell’Aeronautica Militare senza averne però ancora chiarito il motivo.
Un discorso a parte meriterebbe il nostro intervento in Libano del 2006, pubblicizzato dal Governo Prodi come una grande festa popolare per distribuire  nutella e coccole ai bambini libanesi, ad opera delle nostre materne soldatesse che venivano mostrate alla televisione come tenere nurse di un asilo nido. Sempre al governo Prodi, durante la missione ISAF in Afghanistan, sembra si debba la cattiva usanza di pagare i nemici perché facessero i bravi con i nostri soldati di pace, per non alterare gli instabili equilibri politici nazionali, magari con l’aiuto non troppo filantropico di qualche organizzazione “pacifista” e “antioccidentale”.
Il passaggio verso un vero e completo esercito di professione non è ancora finito, certamente per esigenze di bilancio e di svecchiamento della complessa macchina burocratica della Difesa, ma probabilmente anche perché, pur vivendo un periodo in cui il mondo è pieno di guerre di tutti i tipi, sono ben pochi gli inquilini dei piani alti che possono discernere con lucidità chi sono e chi saranno i nostri ipotetici nemici e soprattutto perché.
In questo confuso marasma di ipocrisie politiche ed ideologiche operano i nostri ragazzi che hanno scelto il mestiere delle armi, sicuramente anche per esigenze lavorative e questo non deve essere inteso come un fatto negativo, assumendosi responsabilità e rischi sconosciuti alla gran parte dei loro connazionali di ogni età, riscattando con il loro impegno molti luoghi comuni che hanno ammantato la nostra storia recente che ha scaricato proprio sui nostri soldati l’inefficienza di un sistema politico che di fatto non si è ancora completamente trasformato in una democrazia compiuta.
Noi su questo blog, sulla nostra fanpage e nei nostri documentari vogliamo parlare di questi uomini e donne in uniforme la cui professione rappresenta un avvenimento epocale per l’Italia e che avrà nel futuro ruoli sempre più complessi ed impervi.
(Antonello Tiracchia)