venerdì 23 dicembre 2011

LA PAGA DEL SOLDATO

 
Il dottor Cretinin De Cretinetti che vediamo pavoneggiarsi in tv, sui media e durante la pausa caffè è il massimo rappresentante del qualunquismo italico, nonché suo presidente ad honorem vita natural durante. I discepoli di questo nobile qualunquista misurano le cose della vita in base ad argomenti da “Bar Sport” o da settarismo di stampo clericale, senza approfondire ciò che non appartiene alla loro limitata sfera di interessi. Nelle loro dichiarazioni sono infatti sostenuti dal dogma che come tale ignora il confronto e non necessita di riscontri perché chi lo pratica ha l’arroganza di sentirsi  nel  giusto. Il fatto poi che il dogma sia il cemento dell’ignoranza e della sudditanza intellettuale che spesso sfocia nel plagio neppure li sfiora.
A proposito dell’Afghanistan uno dei luoghi comuni più praticati dal dottor Cretinin de Cretinetti & Co. è che quelli che fanno il soldato lo fanno per “soldi” il cui naturale corollario è che quando questi soldati vanno in missione  nei teatri operativi lo fanno per guadagnare di “più”.
Solo formulare questo pensiero e poi esporlo come se fosse una grande verità è l’espressione palese di una mediocre capacità di giudizio,  sintomo di pochezza intellettuale.  Provate a trovare una sola persona che ha deciso di fare il maestro, l’impiegato, l’avvocato, il medico, il cantante o il cameriere per non guadagnare nulla e comunque contro i propri interessi, che possono anche essere diversi da quelli meramente economici ma non li sostituiscono. Se la trovate, questa persona, probabilmente sarà già stata interdetta da un bel po’ di tempo dalla società civile che agisce per difendere con le proprie leggi gli interessi dei cittadini. I soldi sono il controvalore del lavoro dell’uomo, della sua professionalità e del suo impegno verso se stesso e verso la società, i tentativi di modificare questo stato di cose, che ci piaccia o meno, sono tutti miseramente falliti come la storia neppure tanto breve dei paesi del socialismo reale ha dimostrato. Un ragazzo che in Italia decide di arruolarsi lo farà anche per uscire dal ghetto della disoccupazione e del lavoro sottopagato e quindi per essere equamente retribuito, svolgendo un lavoro difficile e rischioso a favore della società civile in cui vive e di cui difende le Istituzioni. Tutto questo è ben  esposto nella carta Costituzionale che i seguaci del dottor Cretinin de Cretinetti  citano più volte di quante l’abbiano letta. Probabilmente la nostra Costituzione non sarà  perfetta, però c’è e come tale va rispettata e almeno una volta letta sforzandosi di capirla.
L’altro giorno, in Afghanistan,  nel distretto di Bakwa ho avuto il privilegio di uscire dalla FOB Lavaredo per una pattuglia a piedi con una squadra di giovani soldati, tra cui una ragazza, appartenenti al 5° Reggimento Genio Guastatori con base a Macomer e parte integrante della Brigata Sassari che qui danno questo specifico sostegno al Reggimento San Marco della Marina Militare. Faceva parte del piccolo dispositivo un nucleo cinofilo che nei così detti conflitti asimmetrici ha un ruolo determinante e responsabilità enormi.  Compito del dispositivo era quello di verificare la sicurezza di un piccolo nucleo abitativo abbandonato nei pressi della FOB e quindi creare i presupposti per la sua eventuale bonifica. E’ andato tutto bene, ma poteva anche andare male perché il livello di rischio nel distretto di Bakwa è alto e ci sono dei tipi che amano piazzare IED e sparare sugli “infedeli” per ricordare alla popolazione locale chi ha in mano il bastone del comando. Questi giovani soldati lavorano quando sono in teatro una media di 12 ore al giorno, con grandi disagi e correndo grandi rischi. Il sabato, la domenica e la notte sono solo riferimenti astratti perché il loro lavoro in teatro ha obiettivi precisi che non prevedono tentennamenti, discussioni o assemblee per sindacare sugli ordini ricevuti. Al rientro, dopo la foto ricordo, mi sono per un attimo trasformato in un “consulente del lavoro”. Se questi ragazzi lavorassero nelle comodità della loro residenza, vicino alla famiglia per lo stesso numero di ore, in ufficio o in fabbrica, al termine del mese avrebbero fatto così tante ore di straordinari che per retribuirle il datore di lavoro dovrebbe sborsare molti più soldi di quanti ne percepiscono in missione.

Morale. Caro dottor Cretinin de Cretinetti la democrazia, difesa anche da questi ragazzi per il loro ruolo istituzionale e che permette a lei ed ai suoi seguaci di parlare a vanvera in totale libertà e senza timore di repressione e censura, non la risparmia però dal fare una piccola check list prima di attivare la lingua o la penna, assicurandosi con una piccola procedura che il cervello sia in posizione “on”. Le spiego meglio: prima di parlare si assicuri di dire cose sensate. La saluto con la speranza e l’augurio di poter fare insieme a lei una pattuglia a piedi qui a Bakwa. Stia tranquillo, non dirò mai a questi ragazzi chi è lei. Lo capiranno da soli.  (a.t.)

2 commenti:

  1. Complimenti davvero all'autore perché per capire come sia la loro vita ha deciso di vivere per un po' con i nostri soldati e penso che quasi tutti cambierebbero idea facendolo.
    Sono un ragazzo di 17 anni e il mio sogno è quello di arruolarmi nell'esercito.
    Voglio diventare un soldato perché penso che ci siano luoghi, come l'Afghanistan, in cui la gente vive oppressa e senza un futuro, i bambini crescono senza possibilità di studiare o di andare all'ospedale se hanno qualcosa, le donne non possono uscire di casa senza velo e non possono lavorare o unirsi in associazioni, la gente è costretta a vivere coltivando droga mentre gli oppressori, i trafficanti di droga e di armi, e i terroristi, fanno soldi e regnano attravero il terrore.
    Io credo davvero che questa gente abbia bisogno del nostro aiuto, credo che possiamo aiutarli e portare loro speranza, anzi lo stiamo già facendo.
    Il secondo motivo è perché voglio esserci per difendere il mio Paese e le sue istituzioni.
    Un Paese che non è assolutamente il migliore del mondo, non sono mai stato nazionalista né eccessivamente patriottico: è un Paese che spesso si dimentica di noi giovani e non solo, un Paese con delle istituzioni che a volte sembrano una barzelletta se si guarda alla politica o all'istruzione, un Paese abitato da persone, non tutte ma tante,che mancano di rispetto a chi fa il proprio dovere indossando la divisa e soprattutto a chi muore facendolo, arrivando a dire che "se lo è meritato perché lo stipendio a casa non gli bastava".
    Eppure è pur sempre il mio Paese, in cui sono nato e cresciuto, in cui non ti sparano appena esci di casa e le strade non sono disseminate di esplosivi;
    Un Paese che mi ha permesso di studiare, informarmi, viaggiare;
    Un Paese che mi ha permesso di andare all'ospedale quando ne avevo bisogno, di farmi operare;
    Un Paese che mi ha permesso di vivere una giovinezza abbastanza felice senza troppe preoccupazioni e che mi permetterà, spero , di realizzare i miei sogni.
    Per questo lo voglio difendere, non perché credo che sia il miglior paese al mondo e per questo vorrei aiutare a far sì che i ragazzi di nazioni in guerra arrivino ad avere un giorno le stesse possibilità che ho avuto io qui.
    I soldi vengono dopo, sono forse l'ultimo pensiero per me è penso per chi decide di fare questo tipo di vita.
    Un sacco di gente pensa che quello che porta un uomo ad arruolarsi, rischiare la vita è vivere una vita piena di sacrifici sia il bello stipendio che si prende andando in missione, è vero non è niente male come stipendio ma se si pensa che che un soldato rischia la sua vita 24 h su 24 e deve essere disponibile 24 h su 24 la paga oraria non è poi così enorme.
    Basterebbe impegnarsi un po' (credo meno di quanto ci si debba impegnare per superare un addestramento militare odierno), per ottenere un buon posto di lavoro con uno stipendio migliore di questo e tutte le comodità, restando vicino a casa e famiglia e senza rischiare la vita.
    Altri pensano che uno si arruoli per diventare un eroe e essere ricordato come tale.
    Credo che nessuno cerchi la gloria o la fama perché solitamente queste arrivano solo quando non si torna a casa, non credo che ai nostri soldati interessi di diventare famosi per le loro gesta. Sono là,a fare il loro dovere, in silenzio. E se ci si informa si vedrà che qualcosa di buono l'hanno fatto, che la popolazione è contenta che ci siano.
    Non è una vita fatta per tutti, ci vogliono passione, grande spirito di sacrificio e tanto impegno: io non disprezzo chi preferisce una vita "normale" e tranquilla, non sostengo la leva obbligatoria e non credo che le forze armate vadano esaltate e adorate come eroi, credo solo che meritino un po' di rispetto e riconoscimento.

    Michele

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